SINDACATI ad personam che a loro volta danno vita a enti bilaterali rappresentanti di nessuno, vendono corsi di formazione a volte inesistenti, producono carte su carte e certificazioni posticce: benvenuti nel mondo della (falsa) sicurezza sul posto di lavoro, un modo come un altro per fare soldi speculando sulle complicazioni della legge. Quale? La 81 del 2008, di fatto applicata dal 2012, la quale prevede per le aziende l’obbligo di garantire e pagare ai dipendenti corsi sulle dotazioni e le procedure di sicurezza.

Fin qui ciò che dovrebbe avvenire sulla carta. La realtà invece è un ginepraio da mettersi le mani nei capelli, con gli squali del codicillo e della furbata all’italiana che prosperano nella miriade di commi e articoli, settore per settore, che regolamentano la materia.

In teoria qualsiasi lavoratore prima di cominciare a prestare servizio dovrebbe frequentare un corso di formazione generale sulla sicurezza di minimo otto ore, anche chi sta in ufficio. Un obbligo considerato “noioso” da molte aziende, che quindi preferiscono tagliare la testa al toro: far produrre la documentazione che occorre per stare in regola e bypassare il tutto. Ci guadagnano in due i datori di lavoro che risparmiano le ore retribuite di corso dei dipendenti e gli stessi enti formatori, che non devono organizzare nulla.

Un corso vero, regolare, qualche centinaio di euro a lavoratore.Se si considera comunque che in media un corso in aula da 12 ore costa alle aziende fra i 300 e i 400 euro lordi, il giro di affari potenziale è enorme.

«I lavoratori, specie quelli delle piccole realtà lavorative che sono la maggior parte del tessuto produttivo e quelli degli appalti troppo spesso non solo non conoscono i propri diritti, ma a volte per mancata conoscenza o per pressioni aziendali sottoscrivono corsi di formazione non svolti. Solo un più intenso intervento ispettivo da parte degli organi di vigilanza può impedire questo sistema di aggiramento degli obblighi di formazione e che spesso arricchisce i disonesti».

Per chi sgarra, le multe sono salate. «Oltre all’eventuale denuncia penale, solitamente con le ipotesi di reato di falso e truffa, per le società sorprese a fare lavorare personale privo di certificati autentici scatta una multa intorno ai 1.300 euro, se i dipendenti sono più di dieci si arriva a oltre 4mila».

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